Risanamento energetico: aumentare l’affitto

08.04.2021

Il risanamento di un immobile dal tetto alla cantina può essere dispendioso. Tuttavia, non sarebbe giustificato trasferire interamente i costi sugli affittuari. Illustriamo la situazione giuridica.

Jürg Zulliger

Aria pulita, tutela dell’ambiente, risparmio energetico e abitazioni sostenibili sono tematiche che noi tutti abbiamo a cuore. Gli edifici svolgono un ruolo importante ai fini della transizione energetica cui la Svizzera ambisce. Circa il 40 percento del consumo di energia è rappresentato dal riscaldamento e dalla gestione degli edifici. Secondo le stime, circa la metà di tutte le abitazioni più datate della Svizzera necessita di opere di risanamento. Dal tetto alle finestre, dalla facciata al soffitto della cantina, si tratta di fabbricati che presentano notevoli lacune. In case molto vecchie, risalenti agli anni ’50 o ’60, il calore esce letteralmente dalle finestre.

Risparmio energetico: gli edifici devono essere risanati

La ristrutturazione degli edifici non è completamente volontaria. Le norme tecniche di costruzione, le leggi cantonali sull’energia e anche l’imminente legge sul CO2 per la Svizzera definiscono precisi requisiti. Nel caso concreto, tuttavia, spesso non è chiaro chi debba partecipare alle spese e in quale misura. Il proprietario di un’abitazione privata che vive all’interno del proprio immobile, deve pagare interamente di tasca propria le opere di risanamento. A questo scopo può utilizzare fondi personali, ricorrere a un mutuo ipotecario di una banca oppure a un finanziamento pubblico.

L’affittuario deve contribuire alle spese?

Nel caso di un condominio con appartamenti in affitto, i costi devono essere ripartiti in modo preciso. Quali spese devono essere sostenute dal proprietario? In quale misura gli affittuari devono partecipare? In sostanza, la regola base è la seguente: la normale manutenzione, il mantenimento e le riparazioni sono incluse nell’affitto concordato e previsto dal contratto. La sostituzione da parte del proprietario dell’abitazione delle finestre o dell’impianto di riscaldamento, con sistemi simili ed equivalenti, non lo autorizza ad aumentare l’affitto. Esempi tipici di manutenzione degli edifici sono naturalmente gli interventi ricorrenti, come la tinteggiatura delle pareti o la sostituzione di un vecchio rivestimento del pavimento con uno nuovo di pari qualità.

Allo scopo di incentivare una maggiore efficienza energetica e vasti risanamenti, gli interventi in ambito energetico sono spesso ampiamente associati a un aumento di valore. Il relativo regolamento sul diritto di locazione stabilisce, inoltre, che gli interventi straordinari vengano distinti in modo preciso dalla normale manutenzione. Quest’ultima infatti, come già accennato, è da ritenersi assolta con il pagamento dell’affitto.

Canone di affitto: domande aperte in merito al calcolo

Nel caso concreto, la ripartizione dei costi può risultare davvero complessa. Vediamo alcuni esempi:

  • il proprietario di un’abitazione sostituisce le finestre, vecchie di 30 anni, con altre nuove a risparmio energetico e dotate di triplo vetro. I costi aggiuntivi rispetto alla sostituzione con un prodotto equivalente sarebbero da trasferire sugli affitti. Tuttavia la tipologia di finestre risalente a 30 anni prima non è più disponibile sul mercato. Il valore aggiunto apportato è pertanto difficile da quantificare.
  • Spesso accade che il proprietario dell’immobile sottoscriva un contratto forfettario con un’impresa edile o un appaltatore. La tariffa forfettaria non indica nel dettaglio i costi dei singoli interventi e delle specifiche parti della ristrutturazione.

In un caso concreto, il Tribunale federale ha riconosciuto un aumento di valore del 40 percento per l’installazione di moderne finestre a risparmio energetico. Attualmente alcuni giuristi applicano un criterio di ripartizione del 40:60 come ragionevole «regola generale». Spesso si fa riferimento anche al concetto di riqualificazione globale di un edificio. Tale situazione ricorre qualora le spese di risanamento superino in modo significativo i normali costi di manutenzione annuale. Si tratta di risanamenti massicci, che spesso includono anche interventi in ambito energetico, per i quali viene applicato un forfait del 50-70 percento. In altre parole: nel caso di una ristrutturazione di tale entità, il proprietario dell’immobile può trasferire circa il 50-70 percento sugli affitti.

Risparmio energetico: quali sono i benefici per gli inquilini?

Fabian Gloor dell’Associazione inquilini conosce la complessità della materia e le difficili questioni di interpretazione. Secondo la sua opinione occorre valutare se gli investimenti contribuiscono a ridurre le spese accessorie o meno: «In questo caso sarebbe giustificato associare un aumento di valore a un determinato intervento di risanamento.» Un esempio: se le finestre e l’involucro dell’edificio vengono portati a un livello considerevolmente migliore, i costi per il riscaldamento e l’energia sono destinati a diminuire negli anni a venire. Di conseguenza, gli inquilini possono trarne beneficio. Secondo il giurista Fabian Gloor, si tratta invece di normale manutenzione nel momento in cui le spese accessorie rimangono immutate dopo la ristrutturazione.

Un regolamento adeguato sul diritto di locazione solleva nuove domande. Analogamente, i proprietari degli immobili devono poter trasferire interamente determinati modelli di costo sugli affitti. Si tratta del cosiddetto contracting in ambito energetico. Ad esempio, un fornitore specializzato in servizi energetici gestisce e realizza l’impianto di riscaldamento per un condominio. Secondo il nuovo principio, il proprietario sarà in grado di trasferire completamente questi costi di terzi sugli affitti. Questo dovrebbe rappresentare un incentivo alla modernizzazione e all’efficienza energetica. Tuttavia, Fabian Gloor sottolinea che non è ammissibile trasferire semplicemente i costi, magari di una soluzione dispendiosa, sui canoni di affitto. Il proprietario dovrebbe essere ragionevolmente tenuto a scegliere una soluzione conveniente.

Ripercussioni sul canone di affitto: il proprietario dell’immobile deve fornire informazioni

Non esiste alcuna regola generale che permetta di prevedere l’entità di un eventuale aumento del canone di affitto. Alcuni locatori prendono in considerazione diversi fattori nel caso di nuovi inquilini (investimenti, ristrutturazioni, prassi consueta nella località o nel quartiere, ecc.). In linea di principio, tuttavia, i locatori sono tenuti a segnalare un eventuale aumento del canone di affitto mediante un modulo ufficiale.

Aumento del canone di affitto: cosa è formalmente accettabile?

Fabian Gloor a questo proposito afferma: «Se il locatore desidera aumentare il canone di affitto a seguito di interventi straordinari, deve fornire adeguati documenti giustificativi e un conteggio.» Il locatore deve inoltre dichiarare eventuali incentivi che riceve per le migliorie associate a un aumento di valore. La prassi corretta è quella di dedurre il contributo statale dalla quota di aumento del valore. Per motivi di chiarezza, Gloor ritiene opportuno che vengano presentati i documenti pertinenti: «Devono essere forniti all’inquilino il consuntivo delle spese per i lavori e le copie delle fatture.»